Grandi ma inefficaci - I sindacati italiani accusati di stagnazione salariale

Grandi ma inefficaci - I sindacati italiani accusati di stagnazione salariale Gavin Jones, Alberto Chiumento, Angelo Amante

Riepilogo

I salari italiani, al netto dell'inflazione, sono inferiori al livello del 1990

L'adesione ai sindacati è alta, soprattutto tra i pensionati

Secondo gli esperti, i principali sindacati evitano lo scontro con i datori di lavoro

I sindacati più piccoli e aggressivi stanno guadagnando terreno


ROMA, 7 febbraio – Dopo tre decenni di stagnazione salariale, i lavoratori italiani avrebbero molti motivi per protestare, eppure gli scioperi per aumenti di stipendio sono rari e difficilmente durano più di un giorno. Questo ha sollevato crescenti interrogativi sul ruolo dei sindacati nel paese.

Secondo i dati dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), l'Italia è l'unico paese avanzato in cui i salari reali (cioè al netto dell'inflazione) sono diminuiti tra il 1990 e il 2020, frenando i consumi e la crescita economica.

Negli ultimi anni, gli stipendi hanno registrato un aumento del 9% tra il terzo trimestre del 2021 e il secondo trimestre dello scorso anno, ma la crescita è rimasta inferiore all'inflazione e ai rialzi salariali registrati in Germania (+14%) e in Francia (+11%), secondo i dati della Banca Centrale tedesca.

Un problema economico, ma anche sindacale

Tra le cause di questa stagnazione ci sono fattori economici, tra cui un tasso di occupazione del 67%, il più basso tra i 20 paesi della zona euro, che riduce il potere contrattuale dei lavoratori.

Tuttavia, secondo molti esperti del lavoro e lavoratori, anche i sindacati hanno grandi responsabilità.

"I sindacati in Italia si sono trasformati in fornitori di servizi", afferma Filippo Barbera, professore di sociologia all'Università di Torino. "Ti aiutano a fare la dichiarazione dei redditi e a calcolare la pensione, ma non si battono contro i datori di lavoro per ottenere aumenti salariali."

Il 29 novembre, il leader della CGIL, Maurizio Landini, ha guidato uno sciopero nazionale contro i tagli alla spesa pubblica, ai servizi sociali e agli investimenti, dichiarando che avrebbe "sconvolto il paese".

Lo sciopero ha causato disagi ai trasporti pubblici, alle scuole e agli ospedali, ma, come quasi tutti gli scioperi in Italia, è durato solo un giorno e non ha portato a risultati concreti.

Un portavoce della CGIL ha attribuito la stagnazione salariale alle riforme del lavoro degli ultimi anni, che hanno indebolito le tutele occupazionali. Il sindacato ha promosso un referendum per abrogare le norme che facilitano i licenziamenti e incentivano i contratti a termine.

Il voto dovrà svolgersi tra il 15 aprile e il 15 giugno, ma il governo non ha ancora fissato una data.

La CGIL sta inoltre cercando di ottenere una legge contro i contratti con salari eccessivamente bassi, ma l'iniziativa trova poco sostegno nella coalizione di governo di destra e non è ancora arrivata in Parlamento.

Un confronto con altri paesi

Sebbene il potere dei sindacati sia diminuito in tutto il mondo negli ultimi decenni, gli scioperi in paesi come Germania, Francia e Stati Uniti sono più mirati ed efficaci, nonostante abbiano una percentuale di iscritti inferiore rispetto all'Italia.

A novembre, i lavoratori della Boeing negli Stati Uniti hanno ottenuto un aumento salariale del 38% in quattro anni dopo sette settimane di sciopero. In Germania, migliaia di operai della Volkswagen hanno organizzato scioperi a rotazione contro i licenziamenti, raggiungendo infine un accordo a dicembre.

SINDACATI CON TANTI PENSIONATI

In Italia, l'adesione ai sindacati è relativamente alta (circa un terzo dei lavoratori), ma ciò non si traduce in una maggiore combattività.

In Francia, il tasso di sindacalizzazione è un terzo di quello italiano, ma tra il 2020 e il 2023 il paese è stato tra quelli con il maggior numero di giornate lavorative perse per scioperi, secondo i dati dell'Istituto Sindacale Europeo. L'Italia, invece, ha smesso di fornire questi dati dal 2009.

Uno studio di Katia Pilati, sociologa esperta di scioperi presso l'Università di Trento, ha rilevato che oltre il 90% degli scioperi italiani dura un giorno o meno, mentre negli Stati Uniti l'80% dura almeno due giorni.

Quasi la metà dei 5,1 milioni di iscritti alla CGIL sono pensionati, i cui interessi vengono rappresentati dal sindacato nei negoziati con il governo. Anche nella CISL e nella UIL, i pensionati costituiscono oltre un terzo degli iscritti.

Salvatore Amoruso, un magazziniere di 40 anni di Roma, ha lasciato la CGIL con alcuni colleghi nel 2015 per aderire ai Cobas, un'organizzazione più radicale che, a suo dire, lotta molto di più per i lavoratori di vari settori, dalla sanità alla metalmeccanica.

"Abbiamo quasi raddoppiato i nostri stipendi e ottenuto buoni pasto, ferie pagate e congedi per malattia", racconta Amoruso. "È stata una piccola rivoluzione per salari, condizioni di lavoro e dignità."

TROPPO POVERI PER SCIOPERARE

I lavoratori italiani sono in una posizione vulnerabile. Come in altri paesi, durante gli scioperi non percepiscono stipendio, ma a differenza di Germania e Francia, i sindacati non organizzano fondi di solidarietà per compensare la perdita di reddito.

"Molti lavoratori a basso reddito sentono di non potersi permettere di scioperare", afferma Vincenzo Ferrante, professore di diritto sindacale all'Università Cattolica di Milano.

"Non è difficile capire perché in Italia ci siano stati così pochi scioperi prolungati negli ultimi 30 anni", aggiunge. "La maggior parte dura un giorno, mezzo giorno o solo poche ore."

Secondo Katia Pilati dell'Università di Trento, gli scioperi italiani sono per lo più "difensivi", mirati a proteggere i posti di lavoro e le condizioni esistenti, piuttosto che a ottenere aumenti salariali.

In Germania, invece, il processo è più strutturato ed efficace: se le trattative salariali falliscono, i sindacati lanciano uno o due "scioperi di avvertimento" di un giorno per mostrare ai datori di lavoro che sono pronti a una battaglia seria.

"Se questo non produce l'effetto desiderato, si passa a uno sciopero a oltranza che può durare settimane", spiega Thorsten Schulten, professore di politiche del lavoro all'Università di Tubinga.

In Italia, i rinnovi contrattuali avvengono con mesi o addirittura anni di ritardo, erodendo costantemente il potere d'acquisto dei lavoratori.

A fine 2024, oltre la metà dei 13 milioni di lavoratori coperti da contratti collettivi aveva il contratto scaduto, secondo l'Istat. Il ritardo medio nei rinnovi era di 22 mesi.

I grandi sindacati hanno accettato questa situazione per anni.

"Per migliorare le cose servono più scioperi, non meno", sostiene Emiliano Brancaccio, professore di economia all'Università di Napoli.

https://www.reuters.com/world/europe/big-toothless-italys-unions-blamed-wage-stagnation-2025-02-07/